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ICOT Abroad – Intervista al Dott. Federico Oliveri, Fellow e PhD candidate in Cardiologia Interventistica presso la Leiden University Medical Center in Olanda

“La passione permette di sopportare amarezze e rinunce che l’ambizione non giustificherebbe in alcun modo” (Enzo Ferrari).”

Affrontare un’esperienza all’estero rappresenta una vera e propria sfida, sia professionale che personale. È fondamentale essere motivati e consapevoli che, dietro il prestigio e l’ambizione di crescere professionalmente, c’è sempre un prezzo da pagare: uscire dalla propria comfort zone, allontanarsi dagli affetti e adattarsi a nuove abitudini. Tuttavia, se si ha la determinazione, il desiderio e la passione di affrontare questa sfida, allora questa esperienza si trasformerà in un meraviglioso viaggio di crescita, capace di arricchirvi profondamente. Vi racconto la mio.

Come si svolge la giornata tipo di un fellow e come è organizzata la cardiologia della LUMC?

“Follia è fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati differenti” (Einstein). Questa frase sintetizza perfettamente il metodo di insegnamento alla LUMC. L’obiettivo degli strutturati è formare fellow indipendenti e rapidi nel prendere decisioni, capaci di adattarsi e modificare il piano quando necessario. Se un passaggio di una procedura risulta complesso, è fondamentale avere sempre un secondo, terzo o persino un quarto piano.
Per questo motivo, una solida base tecnica e teorica è l’unico prerequisito richiesto (no, non parlo di conoscere a memoria i nomi dei trial, ma di comprendere i materiali, i loro vantaggi e i loro limiti). Tuttavia, gli strutturati sono sempre disponibili a chiarire dubbi o fornire consigli durante la procedura. L’Olanda è nota per il suo chiaro equilibrio tra vita lavorativa e vita privata. L’attività in sala inizia alle 8:30 e termina generalmente alle 16:30. Ma non temete: l’estrema organizzazione e la presenza di cinque sale operatorie (due per coronarico, una per strutturale/congenito, due per elettrofisiologia) permettono di eseguire dalle 10 alle 20 procedure interventistiche al giorno. L’esperienza inizia con due settimane di osservazione, in cui si viene guidati alla conoscenza dei materiali e delle dinamiche di lavoro del centro. Trascorso questo periodo, si entra in sala con lo strutturato. Ben presto, si acquisisce autonomia e si affrontano procedure sempre più complesse da soli (sì, senza tecnico di radiologia o infermiere al fianco). La comunicazione con l’infermiere o lo strutturato, che saranno alla workstation antistante la sala, avviene tramite auricolare.

Ogni persona, persino i pazienti più anziani, parla perfettamente inglese, quindi non è assolutamente necessario conoscere l’olandese per lavorare in sala. Inoltre, non è richiesta alcuna attività extrasala, il che consente di dedicarsi al 100% all’attività interventistica.
Alla LUMC si eseguono diverse tipologie di procedure coronariche, tra cui anche studi funzionali e CTO, sebbene queste ultime siano di esclusiva competenza degli strutturati dedicati. Tuttavia, il vero punto di forza del centro è la gestione dello shock. L’emodinamista deve essere in grado di posizionare per via percutanea dispositivi di supporto circolatorio avanzato, tra cui Impella, VA-ECMO o protek-Duo oltre a eseguire trombectomia meccanica e trombolisi locale in caso di embolia polmonare. In questi scenari, il ruolo del fellow è sempre quello di secondo operatore, affiancando lo strutturato. Per quanto riguarda la cardiologia strutturale, essa merita una menzione a sé. Poiché è richiesta una solida esperienza nel coronarico (almeno 12 mesi), risulta evidente come questo tipo di formazione ecceda i canonici 6-12 mesi generalmente concessi dai nostri direttori di specialità. Nel mio caso, ho chiesto e ottenuto di prolungare la mia permanenza di altri 12 mesi per focalizzarmi sulle TAVI.

Ricerca alla LUMC

“La scienza è curiosità organizzata.” (Zora Neale Hurston).
La LUMC è l’università più antica dei Paesi Bassi, e non sorprende che la ricerca sia uno dei suoi pilastri fondamentali. Come accennato in precedenza, la flessibilità e l’organizzazione rappresentano i veri punti di forza di questa istituzione, permettendomi di svolgere contemporaneamente il PhD e la fellowship. A differenza di altri sistemi, il dottorato di ricerca non prevede un concorso d’accesso, ma si basa sulla capacità di dimostrare motivazione, iniziativa e attitudine alla ricerca. Qui, il dottorando non è incaricato di compiti ripetitivi di databasing (affidati a studenti retribuiti), ma ha l’opportunità di dedicarsi interamente al proprio progetto. Nel mio caso, il mio lavoro di ricerca si concentra sull’applicazione della litotrissia intravascolare in diversi scenari clinici (ad esempio, CTO e graft venosi) e sulla compliance vascolare. Il conseguimento del PhD avviene dopo la pubblicazione di cinque articoli come primo autore, dopodiché è possibile discutere la thesis finale (con tempistiche variabili in base ai risultati raggiunti). Durante questo periodo, l’università offre corsi di statistica e rimborsi per la partecipazione a congressi internazionali (PCR, ACC, ESC, ecc.).

Detto ciò, il percorso di ricerca non è obbligatorio: si può scegliere di non partecipare affatto, senza alcuna ripercussione sulla formazione pratica in sala, oppure si può optare per un progetto più breve, utile ad esempio per la tesi di specializzazione.

Consigli per svolgere la Fellowship

“Per aspera ad astra”. Prima di iniziare una fellowship all’estero, è fondamentale essere sinceri con se stessi e riflettere sul proprio progetto a medio-lungo termine. Essere lontani dal proprio centro, e più in generale dall’Italia, può rendere più difficoltoso affrontare concorsi qualora si desideri proseguire la carriera nel proprio Paese. Tuttavia, seppur non si smette mai di apprendere, un’esperienza di questo tipo consente di formarsi come emodinamista autonomo (nel coronarico) a tutti gli effetti.

Per candidarsi è necessario organizzarsi con circa 12 mesi di anticipo. Si può scegliere di svolgere un periodo più breve (consiglio almeno quattro mesi) oppure optare per un percorso più lungo. Nel mio caso, ho iniziato con sei mesi, ma ho poi deciso di prolungare la mia permanenza per portare avanti sia il PhD che la fellowship in cardiologia strutturale.

Bisogna essere consapevoli che la fellowship non è retribuita, quindi è importante prepararsi anche da un punto di vista economico. Tuttavia, per chi è già specializzato, il centro è abbastanza flessibile nel concedere una settimana al mese per rientrare in Italia e garantirsi il proprio sostentamento.

Dal punto di vista pratico, consiglio di confrontarsi con il proprio direttore di specialità per capire quanto tempo possa essere concesso per questa esperienza. La fellowship può essere svolta anche da neo-specialisti, senza particolari documentazioni, se non la traduzione del diploma di laurea.

Al di là dell’aspetto professionale, questa esperienza mi ha arricchito profondamente anche a livello personale. Ho stretto amicizie con persone provenienti da ogni parte del mondo, con cui ho condiviso momenti unici. Se mi avessero detto prima di partire quante esperienze straordinarie avrei vissuto in così poco tempo, probabilmente non ci avrei creduto.

Concludo con un ringraziamento speciale a ICoT ABROAD, e in particolare a Francesca Romana Prandi, per avermi dato la possibilità di condividere la mia esperienza. Spero che il mio racconto possa essere d’ispirazione per altri giovani medici e di aver trasmesso almeno una parte della passione immensa che provo per questo mestiere. Perché un’esperienza lontano da casa porta con sé sfide, sacrifici, ma anche incredibili opportunità.

A cura di Federico Oliveri